Quando cambiamo un po’ idea su un posto, siamo noi a essere cambiati o è cambiato lui? Possibile che uscire sazi e contenti da un’enoteca con cucina sembri quasi un piccolo miracolo? È davvero troppo pretendere un menu che spieghi bene cosa stiamo per mangiare? Questo mese abbiamo esplorato tanti ristoranti a Milano, assaggiando specialità insolite o tradizionali, pagando conti molto diversi, e ponendoci onestamente tante domande. Tra pinchos dei Paesi Baschi, babà salati e involtini di verza da ricordare, ecco i nostri racconti.
10 ristoranti a Milano che abbiamo provato di recente
Roncoroni Classici Gastronomici
cucina tradizionale |📍Colonne
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Iniziamo col dire che noi, anzi, per una volta parlerò al singolare, io sono particolarmente legata alla cucina di Eugenio Roncoroni – per tutta una serie di motivi personali e lavorativi di cui vi faccio un estremo sunto. L’articolo sul suo hamburger di Al Mercato è stato uno dei primissimi su Conosco un posto (parliamo di 11 anni fa), nei suoi locali (Burger Bar, Taco Bar e Noodles Bar) ci ho passato diverse giovanissime serate e lì ho, di fatto, un po’ imparato a mangiare e a conoscere ingredienti che non avevo mai assaggiato. In generale ho sempre apprezzato, al limite del mitizzato, ogni sua idea in cucina. Anche la più recente scommessa di Pas – A vegetarian trip, uno street food vegetariano itinerante di cui vi abbiamo raccontato in questo video – ci aveva incuriosito e poi allietato, ed è per questo che siamo arrivati carichi di inaudite aspettative nella sua nuova casa, proprio davanti alle Colonne, che porta il suo cognome e un sottotitolo, “Classici gastronomici”, che fa intendere una minor concessione alle follie e, piuttosto, un convinto abbraccio alla tradizione.
Qui la tradizione viene interpretata a metà strada tra la Francia e il Piemonte, con una carta tutto sommato succinta che affianca a piccoli piatti (selezione di salumi e formaggi, verdure pickled…), portate principali con un focus sul quinto quarto e su ingredienti e preparazioni decisamente più hard core (torchon di foie gras, anatra, biancostato e tartufo, patè…). Sulle quali, lo ammettiamo a malincuore, non ci siamo sentiti di avventurarci, perdendoci probabilmente il cuore dell’esperienza. Dai piatti scelti – patate con erbe aromatiche e sour cream; uova di Paolo Parisi; deliziose acciughe in salsa rossa -, la ricerca del prodotto ci è parsa innegabile, ma ci è forse mancata una spinta in grado di sorprenderci davvero.
A non mancare è sicuramente un’atmosfera ‘casalinga’ nel senso buono del termine, anche grazie alla metratura raccolta degli spazi (attenzione: i tavoli sono tutti in condivisione e noi vi suggeriamo, anche per questa ragione, di riservare il vostro posto al bancone) e un servizio condotto con nerbo e personalità dalla socia di Roncoroni, Cristina Giordano. I prezzi sono in linea con l’offerta milanese: considerate una quarantina di euro bere a parte per una cena completa.
Pintxo
Ristorante spagnolo |📍 Cenisio
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Nel quartiere di Cenisio, una zona che si sta popolando sempre più di posti interessanti, ha aperto da qualche mese Pintxo, locale dove poter degustare i pinchos tipici dei paesi baschi. Dietro a questo progetto c’è la coppia già proprietaria di Albufera, decennale ristorante spagnolo di Milano. Pintxo è la versione decisamente più informale, e quasi più ‘meneghina‘, di quest’ultimo, molto più simile alle enoteche con cucina di cui ormai la città è disseminata: qui non ci sono prenotazioni, si mangia su tavoli alti e sgabelli, e il menu propone piccoli piatti per la condivisione, cocktail e vini ovviamente di provenienza spagnola.
La carta è succinta e prevede alcune tapas calde, le uniche ad uscire dalla cucina, mentre i pinchos (freddi) possono essere scelti direttamente al bancone, dove vengono esposti in una bella teca, a ricordare anche un po’ i bàcari veneziani. E allora via libera a croquetas di pollo e jamon, patatas bravas, pan brioche con tartare di tonno rosso marinato (quest’ultimo davvero imperdibile, fidatevi), ma anche bao de picanha, il celebre pane cinese al vapore qui farcito con picanha, pico de gallo e peperone arrostito, e tante tartine che cambiano di giorno in giorno. Per uscire sazi, vi consigliamo almeno 4/5 pinchos a testa, per una spesa media che si dovrebbe aggirare intorno ai 30/35€, bere escluso. Forse una cifra tutto sommato leggermente eccessiva per la proposta, ma davvero ce ne stupiamo ancora?
Altrove
ristorante fusion |📍Citylife
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La zona di Citylife, a nostro avviso, non primeggia esattamente per cultura e felicità gastronomica, dunque a ogni nuova apertura ci precipitiamo, grati dell’eventualità di poter cambiare idea. Mai come in questo caso, ahinoi, non ci è stato concesso, per quanto le premesse fossero discrete. Leggiamo online che il neo arrivato Altrove è della medesima proprietà di Via della Seta in Cenisio, che ci era molto piaciuto, che qui si vuole però dilettare con piatti ben più raffinati, che uniscano tradizione cinese e ingredienti italiani. Una mossa che potrebbe anche essere interessante a livello teorico, ma che all’atto pratico risulta ben poco convincente.
Il menu è corto e un po’ improbabile e unisce elementi pregiati come il foie gras o il tartufo a piatti descritti in maniera poetica (“fiore cristallino”, “insalata del giardino”…) al limite dell’incomprensibile. Nessuna delle portate assaggiate ci ha convinto: non le melanzane di Hanggzhou in infusione di aceto balsamico, non il churro cinese ripieno (si fa per dire) di gamberi tritati e neppure le poche costine di manzo brasate servite con una grattugiata di insapore macadamia. Piatti dimenticabili a fronte di un conto, 60€ a testa, che ricorderemo invece a lungo. Il locale è arredato con velluti scuri che lo rendono a tratti soffocante e il servizio decisamente da rodare. Che fatica, Citylife.
Wicky’s
ristorante fusion |📍Missori
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Sono passati tanti anni (più di 10, santo cielo!) da quando vi parlammo di Wicky’s per la prima volta, quando ancora, prima di trasferirsi in Missori, si trovava in zona Sant’Agostino. All’epoca, la sua cucina ci aveva stregato, soprattutto grazie al suo grande classico, il sushi ‘alla milanese’ con riso allo zafferano, e alla capacità dello chef srilankese di fondere sapori inusuali. Nel tempo siamo tornati per qualche pit stop fugace, ma solo di recente, complice un’occasione da festeggiare, ci siamo concessi una cena decisamente più rilassata. Merito anche della saletta privata che è possibile riservare per gruppi, e che però, a nostro avviso, sarebbe decisamente da rinfrescare almeno negli arredi, un po’ tetri (lo stesso si può dire della sala all’ingresso, per cui assicuratevi, eventualmente, di prenotare in quella principale con il bancone).
Essendo una tavolata numerosa, abbiamo spaziato un po’ lungo tutto il menu (esistono anche delle formule degustazione disponibili, però, soltanto per tutti i commensali…). Dai celebri carpacci ai maki fino alla selezione di nigiri, il viaggio ci è sembrato sempre interessante, ma decisamente meno epico d’un tempo. Saremo cambiati noi oppure il ristorante? Il servizio che ci ha seguito nella nostra cena è risultato cortese ma un po’ acerbo e robotico, mentre il conto è importante come lo ricordavamo, soprattutto in relazione alle porzioni: si arriva molto facilmente alla tre cifre anche senza strafare. Ci aspettavamo molto di più, se non si fosse capito.
Mò
ristorante thailandese |📍Loreto
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Siamo invece stati bene in questo piccolo ristorante thailandese all’inizio di viale Monza, attivo ormai da molti anni in una zona in cui l’offerta culinaria (sopratutto di cucine dal mondo) è vastissima e agguerrita. L’ambiente è colorato e accogliente (forse vagamente kitsch con quelle statue del Buddha?), mentre il menu contiene i classicissimi della cucina thai (pad thai, zuppe, pesce alla griglia, curry…), con qualche bizzarra deviazione (poke e moch,i per esempio), forse previsti per attirare qualche cliente in più.
Noi abbiamo assaggiato dei ravioli con anatra molto buoni – anche se forse avremmo preferito una pasta meno spessa – e delle gustosissime polpette con gamberi e maiale. Anche i piatti principali non ci hanno deluso con un pad thai con gamberi e tamarindo assai saporito e un curry massamam con manzo, piccante al punto giusto. I prezzi sono davvero onesti (noi abbiamo speso circa 25 euro a testa) e il servizio è gentile e attento. Insomma, probabilmente non lo sceglieremmo per un’occasione speciale, ma Mò è sicuramente un’ottima scelta per un pranzo tranquillo e senza pretese che vi porterà a Bangkok per un’oretta.
Al vecchio porco
ristorante di cucina tradizionale |📍Sarpi
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Se siete suino-fobici tenetevi ben lontani da questa insegna che, in piena Chinatown, propone cucina tradizionale (prevalentemente lombarda) e un’ambientazione tutta dedicata al maiale, con suppellettili di ogni genere, poster, scritte e riferimenti a questo animale. D’altra parte il nome è chiaro, Al Vecchio Porco, e la scelta pur singolare risulta simpatica e persino piacevole, grazie a un ambiente caldo, da osteria, ma curatissimo in ognuna delle due sale. Ci siamo stati per un compleanno, sfruttando la taverna al piano sotterraneo, una saletta privata in cui si sta un gran bene per occasioni simili e dove, nonostante l’intimità, si è comunque ben seguiti dal solerte personale di sala.
Il menu è prevalentemente carnivoro e privo di sconsiderati voli pindarici, ma i piatti che abbiamo ordinato (degli ottimi salumi di antipasto, il risotto con zola e trevisana tardiva e le penne con guanciale e zafferano) ci hanno fatto rimanere la voglia di tornare per provare altre portate e i secondi. Conto sui 40 euro a testa bere a parte, foto obbligatoria sotto la scritta “vecchio è bello, porco è meglio”.
Sublime
pizzeria |📍Isola
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Eravamo molto curiosi di provare questa nuova pizzeria, aperta in una via che ancora non pullula di locali in zona Isola, nonostante si trovi proprio dietro al Bosco Verticale. Fin dall’insegna – e dal nome – si intuisce l’intenzione di proporre un’esperienza più raffinata, che elevi il concetto tradizionale di pizza. L’ambiente conferma questa impressione: mattoni a vista, faretti dorati e candide tovaglie bianche creano un’atmosfera curata ma priva di eccessi.
Sul menu, invece, una selezione di pizze più classiche e una di pizze dello chef, oltre a qualche piatto da condividere, tra fritti e focacce, e un paio di opzioni di insalate e secondi. Abbiamo iniziato con le crocchette di patate e i fiori di zucca ripieni di ricotta e alici (notevoli), per poi provare quattro pizze diverse. Le nostre preferite sono state la 3Z con crema di zucchine, fior di latte, zucchine alla Scapece, fiori di zucca, alici di Cetara e zest di limone (divina, va detto) e l’Ortolana con provola affumicata, cicoria saltata, bietole burro e salvia e porri arrosto. Molto buone anche la Cosacca con pecorino romano e basilico e la Vegana con crema di zucchine, crema di carote e arance, cavoli misti, purea di patate novelle, cipolla marinata e polvere di olive nere.
Abbiamo apprezzato gli ingredienti di qualità, gli abbinamenti originali e il fatto che la pizza fosse il punto di incontro perfetto tra le pizze sottili e quelle napoletane, con un impasto fragrante e leggero. Ma avevamo ancora un po’ di spazio, e abbiamo concluso condividendo una millefoglie e una cheesecake.
Passando al servizio, è molto cordiale e attento, forse anche un po’ troppo per quella che, nonostante tutto, resta una pizzeria. I prezzi sono sopra la media: le pizze vanno dai 9€ ai 21€ (con un coperto da 4€). Bere escluso, dovreste assestarvi sui 30-35€ a persona: resta a voi decidere se è una cifra che siete disposti a spendere per una pizza, seppur buonissima.
Ankh Ita
osteria mediorientale |📍Isola
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Restiamo all’Isola per questa nuova apertura che ci ha conquistato al punto che ci siamo già stati due volte. Ma partiamo dall’inizio: Lauris e la sua famiglia sono egiziani di Alessandria e hanno deciso di aprire da poco Ankh Ita per proporre una cucina che definiscono ‘mediterranea’. Il menu si divide tra mezzè, ovvero antipasti da condividere, e piatti principali.
Difficili scegliere gli antipasti che ci sono piaciuti di più: il baba ganoush, crema di melanzane arrostite e salsa tahini, e l’hummus sono due classici imperdibili – da accompagnare rigorosamente con il loro pane fatto in casa che vi arriverà caldo e fragrante. Assolutamente da provare, poi, i sambosek, fagottini fritti ripieni, saporitissimi ma leggeri nonostante la frittura, sia nella versione ripiena di carne che in quella di formaggio e spinaci. Infine, ci hanno convinto anche i Mashi Kromb, involtini di verze ripieni di riso profumato e pomodoro, squisiti. Tra i piatti principali, invece, ci hanno conquistato soprattutto i Dawood Basha, polpettine speziate piccanti con patate, molto saporite, e il cous cous con polpettine di vitello e verdure. Se avete ancora fame, per concludere vi consigliamo di assaggiare la halawa al pistacchio con ricotta fresca: il contrasto tra dolce e salato ci ha piacevolmente stupito.
Le porzioni sono giuste e il servizio estremamente gentile: la gestione familiare si sente e fa la differenza. L’unico aspetto che ci ha convinto meno è l’ambiente, ancora un po’ freddo e anonimo. Bere escluso, dovreste uscire sazi e felici spendendo al massimo 30€ a testa.
Konnubio
cucina contemporanea con pizzeria |📍Turro
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Dopo avervelo raccontato in un reel a poche settimane dall’apertura, siamo tornati da Konnubio, il ristorante in zona Turro gestito dall’ex concorrente di Masterchef 7, Kateryna Gryniuck, e dal marito di origini salernitane. Abbiamo optato per l’interessante (e conveniente) menu del giorno, disponibile a pranzo dal lunedì al sabato. Ed è proprio un sabato che siamo andati a riassaporare i piatti moderni ma non per questo artificiosi, curatissimi nella presentazione e – molto semplicemente – buonissimi di Kateryna e della sua brigata.
Abbiamo iniziato con un delicato sgombro marinato, accompagnato da una schiacciatina di patate, cipolla rossa, friggitelli e un’insalata liquida: equilibrato nei sapori, ma tutt’altro che banale. I sapori hanno poi raggiunto un’intensità sorprendente con il riso al salto, servito con fonduta di formaggio e ragù napoletano – una proposta forse un po’ ruffiana, ma di straordinaria soddisfazione. Eccellente anche l’arrosto, abbinato a una crema di sesamo e carote in tempura: cottura impeccabile, presentazione curata e un equilibrio di sapori davvero notevole.
A questo giro, poi, non potevamo non assaggiare anche la pizza: erano molte quelle che ci ispiravano, ma alla fine abbiamo scelto la Vento di Nerano con zucchine in doppia consistenza, provolone, fiori di zucca e guanciale croccante talmente leggera e digeribile che ci ha lasciato lo spazio per un’ultima portata. Il dolce, un incredibile scrigno di meringa ripieno di fragole, crumble di mandorle e gelato circondato da un’acqua di fragole e rabarbaro in osmosi di lime, ci ha dimostrato ancora – se mai ce ne fosse stato bisogno – l’indiscutibile qualità di un ristorante del quale si dovrebbe parlare molto di più! Il costo del menu del giorno a pranzo è di 16 euro (scegliendo un antipasto e un primo o un antipasto e un secondo tra quelli disponibili). Il servizio è attentissimo e gentile e solo il caffè a 2,5 euro è stata una piccola macchia di un pranzo altrimenti privo di difetti.
Niconoce
Enoteca con cucina |📍 Porta Ticinese
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Questa enoteca con cucina, così si autodefinisce Niconoce, non è di certo una novità, ma è anzi da un paio d’anni che trova casa a poca distanza da Piazza XXIV Maggio, in zona Ticinese. A differenza di tanti locali appartenenti a questa tipologia, l’impressione, varcata la soglia, è quello di un vero e proprio ristorante: tavoli apparecchiati (una tovaglietta di carta a coprire il tavolo, ma di questi tempi pare già un successo), ben distanziati nelle spaziose sale, una bella cucina a vista, un ambiente illuminato e accogliente. Le bottiglie di vino sono numerose ed esposte lungo le pareti e vengono proposte anche per la vendita d’asporto, ma non affollano il locale e, anzi, ne fanno da piacevole contorno.
Il menu, qui, è piuttosto sostanzioso: la cucina campana è la vera protagonista, con taralli napoletani, acciughe di Lampara e casatiello napoletano tra gli antipasti, ma anche con le conserve dell’Azienda Agricola Maida, che propone melanzane, zucca e broccoli napoletani. La vera specialità della casa sono però i babà salati, preparati con lo stesso impasto di quelli dolci, e, una volta cotti, bagnati con un estratto di pomodoro piccadilly e farciti con diversi salumi e formaggi. Noi abbiamo scelto quello con mortadella, provola di Agerola affumicata e pomodorini secchi, abbinamento decisamente ben riuscito. Su una lavagnetta troverete anche i piatti del giorno, tra cui non mancheranno mai le chips di peperone crusco, la parmigiana di melanzane, la tartare di carne e altri piatti che invece cambiano secondo stagionalità. nel nostro caso, una favolosa cacio e pepe con carciofi e fiori di zucca fritti. Il conto, con una bottiglia di Marbera di Corti Cugini, si è aggirato intorno alla cinquantina di euro, per uscire soddisfatti (anche grazie a un servizio di sala presente e premuroso) e molto più sazi rispetto a tante altre enoteche presenti in città.
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