Avete mai assaggiato delle vere pupusas o provato un handroll fatto a regola d’arte? In questa nuova fumante selezione di ristoranti a Milano provati a marzo, vi accompagniamo in un viaggio di cucina internazionale intorno al mondo! Dal El Salvador all’Egitto, passando per Vietnam, India e Giappone, senza dimenticare qualche incursione nella cucina contemporanea e fusion. Preparatevi: il tasso di salivazione e curiosità sarà alle stelle!
10 ristoranti a Milano che abbiamo provato di recente
June Collective
cucina contemporanea |📍Certosa
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Dopo la recente delusione da Abba, il ristorante di fine dining aperto di recente in zona Certosa, volevamo provare un’altra novità nel quartiere, June Collective, nel tentativo di conservare un ricordo gastronomico migliore di questo distretto in forte cambiamento. E così è stato: questo semplice quanto accogliente e luminoso bistrot – con cucina a vista e un soppalco che aggiunge qualche tavolino all’intimità della sala principale – ci ha convinto con la sua formula “leggera” (il menu è corto, i prezzi sono abbordabili) e una carta concentrata sul vegetale (stagionale) e salutare, ma con una declinazione mai banale grazie alle tante influenze da ogni parte del mondo.
Le verdure, oltre a essere presentate in maniera molto piacevole alla vista, sono accostate a ingredienti originali (come i broccoli arrosto conditi con una deliziosa crema di gojju e anacardi o le carote, sempre arrosto, con garam masala, olio al sesamo e semi di zucca); e anche le portate ‘onnivore’, su tutte il keema pav, piatto dello street food indiano a base di carne di maiale macinata cotta con spezie, yogurt e chutney di erbe con cui riempire dei sofficissimi panini al latte, risultano davvero convincenti. Menzione d’onore alla focaccia che viene portata in accompagnamento ai piatti e che ci ha fatto venire voglia di tornare per colazione o per il brunch, a provare qualche torta, i french toast o la shakshuka. Servizio tutto al femminile premuroso e gentile, conto tra i 15 e i 30 euro a seconda di cosa scegliete. Ottimo!
Lubna
listening bar con cucina alla brace |📍Scalo Romana
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Di recente siamo stati a cena da Lubna, una delle novità più chiacchierate dell’ultimo periodo. Questo sciccoso listening bar (preparatevi, quindi, la musica è ad alto volume), a pochissimi passi da Fondazione Prada e Ica, si trova all’interno dello stesso cortile in cui sorgono anche lo spazio per eventi Magma e la galleria d’arte Scaramouche. A conquistarci, in tutta onestà, è stata soprattutto l’estetica del locale: un ampio ambiente che dall’esterno si presenta come un semicerchio vetrato affacciato sul cortile, con un’illuminazione curata e il cemento grezzo a dominare la scena, a creare un’atmosfera dal forte richiamo newyorkese.
Lubna propone una cucina alla brace, con influenze romagnole (lo chef Enrico Croatti, infatti, è riminese). Il menu conta una ventina di voci – tra antipasti, crudi, piatti alla brace e dolci – e un’interessante cocktail list che comprende anche sofisticati drink analcolici e alla griglia (tra gli ingredienti lemongrass e rosmarino bruciati, zucca arrosto, banana tostata e carbone).
Noi abbiamo provato diversi piatti, tra cui le squisite seppie nere grigliate con salsa ajoli e prezzemolo; la golosa piada alle erbe crude, squaquerone e pecorino di fossa; l’ottimo pescato crudo in salsa grigliata, insalata marina e limone; gli appetitosi spiedini di calamari grigliati alla Romagnola; la grigliata mista di maiale, agnello e bovino; patate schiacciate al rosmarino e cipolle caramellate alla brace; e, per concludere, la zuppa inglese gelata con ciambella alla griglia e l’innovativo tortino gelato al cioccolato fondente bruciato. L’unica nota dolente che si aggiunge a questa lista sono sono stati i passatelli in brodo grigliato e porcini essiccati, poco memorabili. Probabilmente non ci hanno convinti anche perché ci sono stati serviti insieme agli antipasti condivisi e, nonostante avessimo segnalato l’errore, non sono stati ritirati. Risultato: abbiamo dovuto mangiarli mentre gli altri commensali si godevano gli antipasti, per poi restare a bocca asciutta mentre gli altri degustavano le loro portate principali.
I prezzi, invece, ci hanno stupito positivamente: da un locale del genere (comunque “fighetto”, diciamolo) eravamo pronti a essere spennati e invece abbiamo speso 60€ circa a persona, bevande alcoliche incluse. Ci torneremmo? Sì, ma forse più per un aperitivo o un dopocena.
CasaNori
handroll |📍Isola
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Tra le nostre scorribande dei ristoranti a Milano provati a marzo, non ci potevamo certo far sfuggire una novità all’Isola, CasaNori, che da qualche mese ha preso, ahinoi, il posto di una libreria nel quartiere e ha aperto il proprio avamposto tutto dedicato agli handroll, sorta di temaki aperti in cui una croccante alga nori è farcita con riso, pesce e condimenti vari e viene portata alla bocca rigorosamente con le mani.
In carta è presente anche qualche altro piatto caldo, tra cui i gyoza di carne sfilacciata (una sorta di pulled pork, ma di manzo), il riso in terracotta con funghi e uovo pochè, la pluma iberica o il midollo alla brace. Noi abbiamo deciso di focalizzarci sugli handroll, che si possono ordinare alla carta o in diversi set: imperdibile l’uni chutoro (battuto di ventresca di tonno con salsa ai ricci di mare). Molto buoni anche quelli più semplici – come quello al salmone scozzese o alla ricciola hamachi con peperoncino dolce e cetrioli -, meno convincenti, per questioni di gusto personale, quelli più ‘pasticciati’. Disponibili anche diverse versioni plant-based, come gli handroll con avocado o cetrioli, entrambi ottimi. Online avevamo letto della ‘sovrintendenza’ in cucina da parte degli ex proprietari di Tomoyoshi Endo, uno dei più importanti ristoranti giapponesi a Milano che ha di recente chiuso i battenti, ma noi non li abbiamo visti dietro al bancone durante nessuna delle nostre due cene.
Un’ultima tip: se vi piace l’umeshu, il celebre liquore giapponese alla prugna, chiedete di assaggiare quello allo zenzero e peperoncino per aggiungere un po’ di spicy alla vostra serata! Servizio cortese, ambiente un po’ asettico ma curato, prezzo nella media milanese (tenete in conto una cinquantina di euro, bere a parte, per uscire sazi).
El Galactico Raw
cucina contemporanea |📍Porta Venezia
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Dopo esserci andati a pochi giorni dall’apertura e averne tratto questo reel, siamo tornati da El Galactico Raw per una cena di redazione. Il locale è gestito dallo stesso team di El Galactico in zona Gorla, una delle nostre scelte preferite quando si tratta di tacos, nonché uno dei food truck al nostro Conosco un Aperitivo del 2023. Questo spazio a Porta Venezia, però, non replica la formula del fratello maggiore, ma offre una selezione che parte da ingredienti crudi (carne, pesce, verdure, funghi), per poi spaziare – seguendo l’estro della chef Ester Azzola – in un mondo di abbinamenti originali e dai contrasti accentuati (dolce-salato, acido-amaro, croccante-cremoso).
Noi abbiamo assaggiato praticamente tutti i piatti del menu, iniziando con gustosissimi (e ruffiani) crostini al burro affumicato e caramello di miso, e curiose e golose – ma un po’ troppo dolci – mazzancolle con burro al pop corn. A seguire, buone le ostriche con garum di aringa, panko e menta, anche se avremmo preferito sentire un po’ più il mare; e degno di nota anche il ceviche di pescato con platano e coriandolo che mancava forse un po’ di sale. Il crudo di ombrina con pico de gallo e limone fermentato e la fantastica tartare di cavallo con mais tostato e maionese al chipotle sono stati gli apici della serata, insieme allo yakitori di funghi laccati al tamarindo. Meno convincente, invece, il dolce, uno yogurt bianco con cocco, zenzero e finocchietto che quasi avremmo preferito come antipasto.
Insomma, tra tanti alti e qualche dubbio, noi qui ancora una volta siamo stati bene, anche grazie a un servizio gentile e simpatico che non lesina sulle spiegazioni di tecniche e preparazioni. L’offerta di El Galactico Raw è ideale per la condivisione, tuttavia, considerando le porzioni, valutate di scegliere almeno 3 piatti a testa i cui prezzi variano tra i 10 e i 15 euro; quindi se come noi non disdegnate neanche bere bene, la spesa finale può arrivare intorno ai 50 euro per persona.
Jiaozi e Bollicine
chinitaly fusion |📍Porta Romana
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Sempre più raramente ci capita di provare posti da cui usciamo pienamente soddisfatti e felici, ma per fortuna qualche volta capita ancora! Era parecchio tempo che avevamo in wishlist questo piccolo ristorante fusion, dal quale non sapevamo bene cosa aspettarci – anche perché non ha sito web ma solo una profilo Ig molto informale e un po’ caotico – e qualche giorno fa, finalmente, ci siamo stati a cena, facendo un’entusiasmante scorpacciata di ravioli che ricorderemo a lungo (ovviamente accompagnata da una bottiglia di bollicine rosé per abbracciare al 100% il concept del locale).
Jiaozi sta a Bollicine come Valentina sta a Corrado: la prima infatti è una maga della pasta fatta a mano e della chiusura dei ravioli cinesi, il secondo un oste simpaticissimo e spumeggiante quanto i vini frizzanti che tanto apprezza. In menu ci sono anche spaghetti, riso saltato e spiedini, ma noi ci abbiamo dato dentro coi jiaozi che vengono serviti in porzioni da 10 (al prezzo di 18€) componibili a piacere ma senza superare le 5 tipologie. In due ne abbiamo divisi 30 in totale e ci troveremmo davvero in difficoltà a doverne stilare una classifica perché li abbiamo trovati tutti eccezionali. I ripieni proposti sono insoliti e caratterizzati dalla presenza di prodotti tipicamente nostrani: zucca e amaretti; friarielli con salsiccia e ’nduja; pomodori del piennolo e stracciatella; gorgonzola e carciofi; carne d’anatra arancia e limone; pesce spada, foglie di menta e lime; cervo battuto al coltello e porcini….potremmo andare avanti ma l’elenco completo sarebbe troppo lungo: le proposte, infatti, sono ben 25 salate e due dolci (nutella e pistacchio).
La location è piccola, intima, calda e colorata, dotata di cucina a vista e contraddistinta da un’atmosfera estremamente positiva e gioiosa resa ancor più piacevole dalla selezione musicale, che vede protagonisti i grandi interpreti e cantautori italiani (qualcuno ha detto Vanoni?). Per tre porzioni di ravioli salati, una (da 4) di dolci e una bottiglia di Cremant De Bourgogne Brut Rosè Patriarche abbiamo speso, con piacere, 46€ a testa. Consigliatissimo!
Shri Ganesh
cucina indiana |📍Porta Genova
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Se siete amanti della cucina indiana, Shri Ganesh è un indirizzo imperdibile. Il ristorante combina tradizione e modernità in un’atmosfera accogliente, e il benvenuto dello chef a base di pane croccante e salse (yogurt e menta, mango agrodolce e piccante con frutta e verdura mista) vi farà sentire subito in India pur trovandovi a pochi passi dal Naviglio.
Il menu è ricco di piatti e non mancano anche formule a prezzo fisso – a base di carne o vegetariane – per gli eterni indecisi. Noi abbiamo scelto di consumare una cena vegetariana e, per iniziare, abbiamo ordinato del cheese naan, pane tradizionale con formaggio servito caldo; una porzione di Bhaji, verdure miste fritte in pastella di ceci; e del riso basmati da accompagnare alle pietanze. A seguire, abbiamo scelto un Baingan Bharta, una delicata polpa di melanzane affumicate al forno; il Paneer Tikka, formaggio casalingo marinato in yogurt e spezie; e un curry di verdure con ananas, a cui abbiamo aggiunto abbondante cocco – un abbinamento insolito, che ci ha piacevolmente sorpresi.
Tutti i piatti sono ben realizzati e presentati, e le porzioni sono abbondanti. Il prezzo è in linea con l’esperienza, circa 25€ a testa per uscire sazi e soddisfatti; e il servizio è attento e cordiale. Un’esperienza molto positiva che non mancheremo di ripetere in compagnia di amici o in occasione di una cena romantica.
VietGnam
street food vietnamita |📍Porta Genova
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Vi avevamo già anticipato la nostra curiosità per questo nuovo locale di street food vietnamita in via Savona e siamo venuti a soddisfarla. Il menu si divide in quattro categoria: involtini, spiedini, panini e spaghetti di riso – tutti disponibili anche in versione vegana. Noi abbiamo provato i classici involtini freschi con gamberi e carne di maiale, serviti con salsa di arachidi, gli spiedini di pollo marinati e gli spaghetti di riso con involtini fritti, carne di maiale e polpette grigliate di carne mista. Nel complesso, i piatti sono buoni, ma non ci hanno conquistato del tutto: ci è sembrato il posto giusto per un aperitivo o un pranzo senza fronzoli, ma senza quella marcia in più che ci avrebbe fatto tornare di corsa.
Non c’è servizio al tavolo, quindi si ordina direttamente al banco, e ci si serve da soli con posate e tovaglioli usa e getta. Ci sono circa 20 posti a sedere e l’ambiente è curato seppur estremamente informale: dovreste riuscire a saziarvi con meno di 20€ a testa. Che di questi tempi…
Afandina
cucina egiziana |📍Maciachini
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Per descrivere questo ristorante di cucina egiziana aperto da poche settimane in zona Maciachini potremmo partire dalla nostra faccia piacevolmente basita quando ci hanno mostrato il conto: 32 euro in due per uscire sazi e soddisfatti è, infatti, un prezzo che ormai è difficilissimo trovare anche in una zona non proprio centrale come questa.
Afandina propone specialità dell’Egitto, ma si allarga a tutto il medioriente con un menu vasto e interessante che spazia da piatti conosciuti come babaghanouj, hummus, tajine e piatti di carne grigliata ad altri meno famosi come mombar (salsicce ripiene di riso e specie), mankosha (focaccine guarnite con varie ingredienti) e hmam kdab (carne di pollo ripiena di riso).
Il nostro pranzo è iniziato decisamente bene con un ottimo fatoush, la freschissima insalata con cetrioli, pomodori, menta e prezzemolo e un cremoso babaghanouj da gustare con il tipico pane arabo. Sono stati però i piatti principali a conquistarci: una carne così gustosa e saporita come quella di questo shish kebab non la mangiavamo davvero da tanto e la tajine con manzo, cipolle, pomodori e peperoni – scenograficamente presentata in una ciotola chiusa da un croccante strato di pane – era così spettacolare che la voracità con la quale l’abbiamo divorata ci ha causato ustioni sul palato che sono durate giorni.
L’ambiente è carino e curato ed è stato forse il servizio l’aspetto meno centrato della nostra esperienza poiché alcuni piatti che volevamo assaggiare non erano disponibili e c’è stata qualche attesa di troppo tra le portate, mitigata però dalla gentilezza del ragazzo in sala. Onestamente, però, queste sono quisquilie se pensiamo alla bontà del cibo e del conto. Non vediamo l’ora di tornare da Afandina a ustionarci di nuovo il palato!
Pupuseria Don Nelson
cucina salvadoregna |📍Bovisa
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Avete mai sentito parlare di pupusas? Probabilmente no, a meno che non siate stati a El Salvador o in un ristorante salvadoregno. A noi, purtroppo, è capitata solo la seconda: una domenica a pranzo, prima di andare allo Spirit de Milan per il Wunder Mrkt, ci siamo fermati a pranzare alla Papuseria Don Nelson, a due passi dalla stazione Bovisa. Il locale è spartano ma accogliente, lo staff amichevole e sorridente (anche se il servizio è inesistente, quasi self service) e l’atmosfera è autentica, grazie ai tanti avventori salvadoregni. Il piatto forte qui sono proprio le pupusas: tortillas di farina di mais (o riso) ripiene – nella loro ricetta di base – di formaggio filante e purea di fagioli, ma che vengono anche proposte con un’ampia varietà di farciture tra cui scegliere.
Da Don Nelson, ad esempio, noi abbiamo assaggiato la Papusa Ajo, con aglio mozzarella e prezzemolo, la Jalapeno con peperoncino piccante e mozzarella, la Chiquaron y Queso con carne di maiale, mozzarella, peperoni, cipolla e sedano e la Pollo, con pollo, verdure e mozzarella. Tutte accompagnate dal curtido, un’insalata dolce di cavolo e carote e la salsa di tomatillo, a base di pomodoro. Cosa possiamo dire? Abbiamo amato tutto. Dai piatti alla biretta alla temperatura perfetta. Dai prezzi (2 euro a pupusa) fino al mood festoso di una domenica latina. Se avete fretta però, scegliete un altro posto. Non sono necessariamente lenti, è solo tutta una grande incognita. Ma fa parte del gioco.
Domburi House
Giapponese |📍Barona
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Nella perenne gentrificazione del quartiere Barona, tra le botteghe vista strada del nuovo complesso di Forrest in Town è recentemente spuntata una nuova insegna, tra i nostri amati Un sacco di grani e Ribalta Barona. Abitando in zona, ne siamo rimasti subito estasiati perché di izakaye come Donburi House, qui non ce n’erano. L’ambiente è molto pop, tra durama e noren, così come il menu molto curato tra manga e divertenti disegni delle portate.
Per iniziare abbiamo preso degli edamame: al dente e con sale di maldon, quindi molto apprezzati. Poi un Tamago Sando (sandwich a base di latte e miele, uovo strapazzato, ajitama, maionese, cipollotto, togarashi) umido il giusto ma non strabordante al morso, e delle mitoboru (polpette giapponesi con macinato di maiale, salsa okonomiyaki, maionese, e cipollotto) compatte ma tenere. Come portate principali, abbiamo scelto tra i diversi ramen: un Gyniku ramen (brodo di anatra e pollo, cipollato, noodles, Kamo, bambù, pkchoi, ajitama, alghe nori, Naruto, semi di sesamo) e un Amazing ramen (brodo di miso, maiale e pollo, cipollato, noodles, ajitama, chasu di maiale, pannocchia, pakchoi, Naruto). A nostro avviso, che siamo un po’ severi sul ramen, non indimenticabili: nei brodi non abbiamo riscontrato l’intensità registrata altrove. E, più in generale, i sapori ci sono sembrati un po’ per entry level.
È stato comunque un pranzo piacevole, in un ambiente carino, con personale gentile, e dal conto di 65 euro in due, con una bottiglia d’acqua. Quindi sì: consigliato per un pranzo nel weekend se siete in zona; meno per una cena, soprattutto se dovete venirci apposta. Ma vorremmo dargli un po’ di tempo per rodare: i nostri amici torinesi ci dicono che lì, Donburi è fotonico.
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