Eccoci di nuovo qui, per lamentarci un po’ dei posti che ultimamente proprio non ci hanno convinti. I cinque locali a Milano che per noi di recente sono stati un flop sono questi, e i vostri quali sono?
FIVE GUYS
L’approdo a Milano di Five Guys, nota catena fast food statunitense, è stata da molti salutata con entusiasmo. Entusiasmo che, a nostro avviso, è doveroso frenare. In piazza San Babila, le patatine sono da bocciare (unte, mollicce e un filo bruciate), ma lo è a maggior ragione il cheeseburger che abbiamo assaggiato: se la carne (servita in doppia fetta anche nella versione ‘standard’) passa la sufficienza, lo stesso non si può dire del pane (molle) e del formaggio (freddo di frigorifero e affatto amalgamato). Si salvano le salse e la possibilità di fare refill infinito delle bevande, di cui c’è un’ampia scelta. Ultima nota dolente a nostro avviso, il conto: per un burger, delle patatine e una bibita si spendono 16 euro. Mal spesi.
M24
Mi aspettavo molto da questo nuovo ristorante cinese in via Melzo, zona Porta Venezia. Sono stata per cena di recente e, a parte lo scontrino da 20 euro, non c’è stato molto altro a lasciarmi contenta. Le materie prime non eccelse e i condimenti parecchio unti della scodella di gamberoni con verdure sul fuoco e delle melanzane al tegamino con agropiccante hanno penalizzato sicuramente l’esperienza: e anche i ravioli misti colorati non erano incredibili. Peccato.
YUZU
So che mettere Yuzu nei flop sarà considerato un’eresia da qualcuno. Ma a me, di questo locale minimalista, un po’ freddo e fintamente ‘di lusso’ in Porta Romana, è piaciuto davvero poco. Prima cosa, non lo definirei un giapponese, quanto più un fusion. La cucina è creativa, ok, ma questo non significa che si debbano annegare i roll in salse che in Giappone non hanno mai visto, utilizzare la maionese un po’ dappertutto e mettere in menu il ceviche, piatto che non mi risulta arrivi dal Sol Levante. Il pesce è di qualità e ben tagliato, e infatti tra i piatti scelti si salva solo il cirashi. A convincere meno di tutto è il conto, davvero spropositato. Quando sono uscita, il primo desiderio è stato quello di prenotare un altro viaggio a Oriente.
SAGAMI
Avevo grosse aspettative dall’avamposto italiano di Sagami, catena giapponese super famosa, che a novembre ha aperto le porte del suo primo locale italiano, nella già non felicissima cornice di Piazza Duca D’Aosta, a fianco alla Stazione Centrale. Aspettative che, però, sono state deluse sotto tutti i punti di vista: il locale si presenta all’insegna del minimalismo, che in questo caso però sembra più il frutto di disattenzioni e di scarse idee che di ricerca. E anche il cibo non rivela molto carattere in più: i brodi in cui sono immersi soba e udon hanno sapori poco distinguibili e anche gli ingredienti non sembrano eccelsi. Il prezzo? Nella media, con un’impennata delle bevande: una birra media vi costerà 7 euro. Decisamente rimandato.
EAST MARKET SHOP
Oltre ai ristoranti, c’è un altro posto a Milano che ci ha lasciato con un po’ d’amaro in bocca. Si tratta di un negozio, quello dell’East Market, che da pochissimi giorni ha aperto una sede permanente in zona Porta Venezia, in aggiunta al mercatino vintage che si tiene ogni mese e che di recente si è trasferito in via Mecenate. Nel suo ‘avamposto retail’, si trova una limitata selezione di capi e accessori vintage e second hand, oltre a qualche oggetto per la casa, poster e vinili. L’impressione, però, è che oltre a un contenitore carino – l’arredamento è in pieno stile hipster e sicuramente l’ambiente è meno caotico rispetto al canonico mercatino -, ci sia ben poco: i capi sono davvero pochi e non molto originali, e i prezzi piuttosto alti per quella che è l’offerta.