I posti del cuore di Giuliana Matarrese a Milano

Di Caterina Zanzi

Nata in Puglia, “rinata a Milano”, un po’ qui e un po’ a Firenze, Giuliana Matarrese di mestiere fa la giornalista e si occupa principalmente di moda per svariati quotidiani e riviste italiane e straniere. Ma definirla soltanto così sarebbe riduttivo perché, chi la segue su Instagram lo sa, Giuliana è anche una grande appassionata di musica, di cinema e di costume, oltre a bere sempre buon vino e a lanciarsi, privatamente con me, in grandi conversazioni su uomini e amore. Nel caleidoscopio dei suoi interessi, abbiamo voluto indagare sul suo rapporto con Milano e sui suoi posti del cuore qui in città…ecco quali sono!

Giuliana Matarrese
Giuliana Matarrese | © Claudia Ferri

Iniziamo dai fondamentali. Colazione, pranzo, aperitivo e cena: quattro posti a Milano?
Colazione: Pavé, con brioche zenzero e gianduia, e come direbbe Cate, si vola via. Pranzo: la boulangerie Egalitè in via Melzo. Ci sono pochissimi posti che si interessino in maniera seria della cucina francese a Milano, e lì puoi comprare da asporto, pane, vini, burro e acciughe (la mia tetralogia di riferimento nella vita) o mangiare taglieri di salumi e formaggi, e appunto, il godurioso croque monsieur. Poi difficile star vigili alla scrivania ma ne è valsa la pena. Mi racconto che non era altro che un toast…
Aperitivo: un buon bicchiere di vino alla Bottiglieria Bulloni, classico milanese dove respirare l’atmosfera della Milano degli anni 60, quella dei Trani a go-go di cui cantava Giorgio Gaber, condito del minimo necessario, olive e patatine. Il concetto di aperi-cena mi fa orrore già dall’onomastica.
Cena: Immorale in porta Venezia, location intima, selezione di vini perfetta, piatti elaborati sui quali si vede che c’è una ricerca, senza essere inutilmente concettuali.

Una cena romantica: dove? 
Al Garghet, sotto natale, al tavolo vicino al pianoforte, nel piatto il classico “orecio d’elefante” ( alla faccia dell’eleganza della cena romantica ma va bene così). Se invece voglio qualcosa con un’atmosfera più riservata c’è la Locanda Perbellini con il suo sublime vitello t’onnato – al pari del suo, secondo la mia opinione personale, solo quello di Trippa – oppure anche, un po’ più defilato, in Pagano, ma delizioso, Insieme

Qual è il tuo quartiere del cuore a Milano? 
Il mio è Porta Romana, come anche quello di Giorgio Gaber, che le dedicò una canzone (parliamo degli anni sessanta, quel quartiere all’epoca era periferico e prossimo alla campagna, nel video lui era ripreso mentre era sul tram, suppongo il 9 che passa per Viale Premuda e Viale Montenero, che nostalgia). Oggi il quartiere è chic (e infatti gli affitti sono stellari) e però nelle vie laterali di viale Montenero ci sono una serie di chicche, di solito ristoranti piccoli e intimi, ma anche una proposta di cucina internazionale di livello, dalla greca di Vasiliki a quella russa e georgiana di Veranda. Per andare a bere c’è il The Spirit, entri e sembra di essere in un club privato anni 20, di quelli da hotel di lusso, non gli speakeasy polverosi che però vanno assai di moda (nulla contro gli speakeasy, credo solo sia un concetto che la città ha già troppo sfruttato, rifacendosi sempre allo stesso schema estetico). 

Dove vai a Milano se vuoi stare da sola, magari per prendere una decisione importante?
Ho un animo un po’ crepuscolare e tendente alla malinconia, quindi mi sento a mio agio passeggiando per i viali del cimitero Monumentale. Lo so, pare uno stereotipo da pixie girl con frangia à la Zooey Deschanel che ascolta gli Smiths , però il Monumentale, a parte avere un valore storico inestimabile, è una fonte infinita di informazioni. Osservare le statue e le edicole, soffermarsi su delle foto particolarmente evocative, immaginarsi come devono essere state le vite degli altri, e non solo di quelli più famosi ricordati nel Famedio ( ogni tanto però passo a salutare Gaber e Alda Merini) mi distrae. A volte quando dobbiamo prendere decisioni importanti mettiamo sulla bilancia tanti di quegli elementi razionali da farci assalire dall’ansia, e serve solo svuotare la testa, e far parlare “la pancia”. Quindi, farmi una passeggiata lì, e, appunto, cancellare ogni preoccupazione, mi serve per poi affrontare la scelta a mente fredda. Di solito mi è andata bene…

C’è un posto a Milano verso cui nutrivi grandi aspettative e che invece ti ha deluso?
Risale a qualche tempo fa magari nel frattempo è cambiato tutto. Avevo molte aspettative rispetto a Saigon, il ristorante vietnamita in via Archimede. Amo la cucina vietnamita e pur essendo Milano, le scelte correlate sono poche, a me viene in mente solo Vietnam mon amour, ad esempio. Da Saigon sono andata appena aperto, e pur apprezzando l’interior design, non ho trovato nessun piatto particolarmente indimenticabile, il servizio assai affettato, da locale “wannabe”, e i prezzi quelli sì abbastanza alti, anche prima che divenisse proibitivo uscire a cena a Milano per più di due sere a settimana. Non ci sono mai più tornata, e sono ancora alla ricerca del mio vietnamita preferito in città.

Parliamo di moda, visto che è parte del tuo lavoro. Dove consiglieresti uno shopping un po’ fuori dai ‘soliti nomi’?
Sono da sempre fan del vintage. Milano da quel punto di vista è una chicca assoluta perché permette di trovare dei pezzi interessanti a prezzi abbordabili. In Chinatown però c’è da un paio d’anni un posto molto carino, si chiama Orient Express: di giorno vintage shop con selezione interessante di pezzi, la sera bar dove bere champagne, con degli angolini interni che guardano molto ad un certo design eclettico degli Anni 70, mi ci immagino già Monica Vitti e Gassman coppia vivace che si punzecchia ironicamente bevendo dai calici, in compagni di amici…

Il tuo mestiere immagino ti imponga anche di lavorare da fuori: c’è un posto che non sia casa o la redazione in cui riesci a farlo meglio che altrove?
Appena arrivata a Chinatown, e ancora priva di un tavolo dove lavorare, mi sono ritrovata in Librosteria, il bar libreria in piazza Cesariano. Ho passato lì interi pomeriggi rilassati e anche assai produttivi, il locale aveva aperto da un paio d’anni forse, non era ancora noto. Da allora è diventato il mio bar di quartiere, anche se poi, complice lo spazio importante della piazza, il locale è diventato frequentatissimo, forse troppo (Cate non è che lo hai inflazionato tu?) mentre io, finito di lavorare, amavo spostarmi al bancone a chiacchierare con i tre soci proprietari Ricky, Michele e Nacho. Oggi lo frequento meno anche perché ho cambiato casa, ma i ragazzi, quando passo di lì, mi obbligano ancora bonariamente a fermarmi per un bicchiere di vino, in onore dei vecchi tempi, e di tt quei pomeriggi e quegli infiniti caffè. 

A quale città, straniera o italiana, vorresti rubare qualcosa per Milano
Milano è una città che dal punto di vista enogastronomico credo possegga l’offerta più variegata possibile in Italia. Nonostante ciò, a volte, è vittima dei trend, delle tendenze, e nascono tanti locali uno più instagrammabile dell’altro, che però sono privi di personalità. Capisco che oggi il successo di un locale passi anche dall’hype che si genera sui social, ma se c’è solo quello, il giorno dopo si abbassa la serranda. A Firenze, dove vivo da qualche mese, c’è il problema opposto perché al fiorentino, come ristoratore e cliente, non interessa proprio rincorrere le tendenze. Ecco, senza essere eccessivi, mi piacerebbe vedere anche aprire meno locali in un mese, non 20 nuove aperture tutte molto simili, ma 5 pensate per durare. 

Il più grande pregio e il più gran difetto di questa città?
Milano? É una città che ti dà tanto, ma in cambio ti chiede tutto.

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