I posti del cuore di Roberto Marone di Otto a Milano

Di Dario Cosentino

Tutti conoscono Otto, locale in piena Chinatown, che non abbiamo mancato di consigliarvi in più occasioni. Forse non in molti, però, conoscono i loro proprietari. Uno di questi è Roberto Marone, napoletano di nascita ma ormai milanese a pieno titolo, che in questa intervista ci ha raccontato cosa pensa di Milano e i suoi luoghi del cuore in città: con lui abbiamo parlato dei suoi locali preferiti (uno era proprio quello in cui ci siamo incontrati), del ‘suo’ quartiere e di quello (inaspettato) dove aprirebbe il prossimo locale. 

Intervista_Marone_Otto
Roberto Marone | © Sanjeshka

Inizamo parlando di Otto. “Un posto per quando vuoi uscire, rimanendo a casa”, recita il benvenuto sul sito, è questo che ti ha ispirato?
Sì, è nato prima lo slogan e credo che con Otto siamo riusciti a creare questa situazione, almeno dai commenti che ci arrivano. I milanesi cercano sempre di più questa formula, in cui sentirsi più a contatto con il luogo in cui scelgono di andare, anche se allo stesso tempo all’inizio sono sempre un po’ straniti dal fatto che gli si lasci libertà di muoversi nello spazio, di sedersi dove gli pare, di compilare un foglio per ordinare. Però, dopo il primo momento di spaesamento, la sensazione è quella di sentirsi liberi di fare quello che si preferisce.

Otto è diventato il luogo di ritrovo di parecchi giornalisti e scrittori e ha anche ospitato diversi appuntamenti di approfondimento: come è nato questo legame e cosa significa per il locale?
Avevamo iniziato con l’idea di fare eventi e attività culturali di diverso tipo, poi ci siamo resi conto che questa cosa era difficile da gestire, perché le persone che rispondevano erano troppe, probabilmente non solo per merito nostro ma perché la città ha molta fame di eventi e serate interessanti. Dopo le prime volte in cui sono arrivate le forze dell’ordine per contenere l’afflusso, abbiamo pensato che avremmo dovuto fare delle cose più piccole. Avremmo voluto prendere il locale di fronte per farlo diventare uno spazio eventi ma non ci siamo riusciti. A quel punto abbiamo deciso di inventarci dei contenuti che non fossero eventi di un giorno e così abbiamo pensato di fare la rivista, Otto Pagine, una vetrina d’arte, delle borse per sostenere la causa green. A un certo punto avevamo addirittura pensato di fare un documentario su Via Sarpi, ma non abbiamo ancora trovato un regista. Insomma, abbiamo esplorato diverse tipologie di attività culturali che non richiedessero però un appuntamento. Siamo anche in una zona ad alta densità residenziale quindi ogni volta che facciamo un evento si presentano dei problemi.

Hai nominato il vostro magazine, Otto Pagine, di cosa si tratta?
Ogni numero di Otto Pagine è un unico racconto di uno scrittore su un luogo del mondo con caratteristiche peculiari. Ad esempio, ne abbiamo fatto uno su Cufra, il paese a sud della Libia dove arrivano i migranti prima di imbarcarsi. Un altro lo abbiamo fatto su un’isola del Pacifico che sta scomparendo. Un unico racconto che leggi al bar mentre stai bevendo il tuo caffè. Il prossimo sarò scritto dallo scrittore Antonio Pascale.

Negli ultimi anni abbiamo assistito al ritorno di locali a gestione italiana a fianco alle tante attività cinesi che hanno storicamente modellato la zona. A che punto è l’integrazione nel quartiere?
C’è una netta differenza tra i nati qui e i non nati qui. Non c’è una via di mezzo, se sei nato qui sei integrato al 100%, altrimenti zero. La seconda generazione è praticamente milanese, e ricca: a differenza della maggior parte delle altre etnie, il cinese nato in Italia non cerca lavoro, al massimo crea posti di lavoro aprendo attività. Per questo motivo cinesi di seconda generazione aprono attività e contribuiscono a riqualificare la zona.

Ora parliamo un po’ degli altri: quali sono i tuoi tre ristoranti preferiti di Milano?
Il posto dove mangio sempre è un locale molto alla mano che si chiama Cirispaccio, in via Canonica. È un posto napoletano dove mangio un’ottima mozzarella e una parmigiana buonissima. Poi mi piace molto Pescetto, trovo che sia un format molto riuscito. E poi amo questo posto (siamo da 10 Corso Como Café, ndr), per me resta ancora quello più bello di Milano. Non ha eguali e soprattutto non ha tempo: non diresti che è un posto del 1991, sembra ancora modernissimo. È un posto speciale.

Se non avessi aperto Otto, quale altro locale di Milano avresti voluto aprire tu?
Te ne dico due: Pavè e Temakinho. Penso possa essere facile avere una buona idea, ma ciò che ammiro nelle persone che hanno aperto questi locali è che sono riusciti a trovare un’idea facilmente scalabile e replicabile. Tra l’altro, Pavè lo ha fatto sapendosi anche differenziare (Pavè Birra, Pavè Gelati & Granite, Pavè Break, ndr). Quando abbiamo aperto il nostro locale non abbiamo visto così lungo, e ora mi rendo conto di come Otto sia difficilmente replicabile. Questa cosa è allo stesso tempo il bello e il limite di Otto. Al massimo possiamo pensare a uno spin-off. Insomma. non vorrei aprire un posto necessariamente “bello” ma un posto rilevante da un punto di vista imprenditoriale.

Sei napoletano. C’è un posto a Milano che sa riportati ai sapori della tua terra?
Anche qui te ne dico due: uno si chiama Trattoria Caprese, all’Isola. L’altro è quello di cui ti parlavo prima, il Cirispaccio.

Qual è il tuo piatto milanese preferito e dove lo mangi meglio?
La cotoletta all’Antica Trattoria della Pesa.

Qual è il tuo quartiere preferito di Milano? 
Sarpi, senza ombra di dubbio. È un quartiere in cui per molto tempo puoi camminare senza che ci sia il traffico delle auto. Io non amo le macchine.

Il quartiere dove apriresti il prossimo locale?
Un quartiere che secondo me ha un grandissimo potenziale oggi è Dergano. Come è successo per NoLo, tanta gente che non può permettersi di vivere in zone più centrali si sta trasferendo a Dergano, che in realtà è a un tiro di schioppo da Isola. È un quartiere molto carino, con una comodissima fermata della metro gialla. Non credo molto nel quartiere della Fondazione Prada, non amo quei palazzoni, mentre Dergano è un paesino integrato nella città.

Milano vive spesso di trend, anche nel campo gastronomico. Secondo te quale potrebbe essere il prossimo?
Io non capisco niente di cibo. Guarda Otto, non ha un piatto identificativo, da noi conta più la forma che il prodotto. Quindi non so rispondere, anche se è una domanda molto interessante perché Milano è effettivamente così: è arrivato l’hamburger e sembrava che dovessimo mangiare hamburger tutti i giorni, poi è arrivato il poke e tutti fan del poke. Questo la dice lunga sulla dinamicità dell’economia di Milano, di come questa città riesca a fare investimenti rinnovandosi. In altre città se apri un’hamburgeria e va bene te la tieni, la lasci a tuo figlio, a tuo nipote e così via. A Milano se hai un’hamburgeria e ti va bene dopo cinque anni la vendi e apri una pokeria. E questa è una cosa che a ma piace molto perché è sintomo di uno spirito della città estremamente dinamico. Se non ti piace questo spirito non ti piace Milano.

Un posto a Milano dove vai per passare un po’ di tempo con te stesso?
Un posto dove vado spesso ultimamente quando voglio fare una passeggiata per staccare dalla mia vita è il cortile della Fondazione Prada. Anche se non devo andare a vedere una mostra, vado lì perché quel posto ha un silenzio che è così strano e mi sembra di trascorrere un momento surreale.

Una gita fuori porta? Io vado in barca in Liguria e basta. Per me la gita fuori porta esiste solo se c’è il mare, se no non ha senso. Da qualche mese ho una barca a Rapallo, prima affittavo un gommone. Sono proprio napoletano in questo. Quando ero piccolo avevo un piccolo gommone a Napoli, mi svegliavo alle 6 di mattina per prendere il treno e arrivare al mare per uscire col gommone. Per me il weekend è solo in acqua.

Ultima cosa: una sola parola per descrivere Milano.
Una sola parola è difficilissimo. Ti racconto un aneddoto divertente: una volta un tassista napoletano, nostalgico come tutti noi napoletani, mi disse: “Napoli è come una donna bellissima ma che non ti dà sicurezza, tu te la sposeresti una così? Ti innamori ma non te la sposi. Milano invece è come una donna un po’ meno appariscente, che la prima sera non ti dice niente ma poi pian piano ti piace e quando torni a casa sei contento che ci sia lei”. Ecco, Milano è affidabile.

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